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WHY MEDITERRANEANS DO IT BETTER
02 Novembre 2015
di Benedetta Marigliano
Pochi giorni fa sono state pubblicate su Lancet Oncology le raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) riguardo la cancerogenicità dettata dal consumo di carne rossa e delle carni lavorate. Tali conclusioni, già precedentemente indicate dal World Cancer Research Fund, sono state enunciate a Lione, ad inizio mese, da esperti dell’Agenzia Internazionale per la ricerca sul Cancro (facente parte dell’OMS) che si sono basati su più di 800 studi epidemiologici che hanno analizzato l’associazione tra cancro e consumo di carni rosse e/o processate nei vari paesi di tutti i continenti, tendendo in considerazione altresì le diverse etnie ed abitudini alimentari.
Queste carni sono state inserite nella lista delle sostanze cancerogene in virtù degli esami epidemiologici analizzati, dove la maggiore correlazione sembrava attestarsi con le neoplasie gastrointestinali, nelle quali si riscontrava una correlazione, in ben 14 studi di coorte, con i tumori colon-rettali.
La carne rossa (manzo, maiale, vitello, agnello, pecora, cavalli e capre), contenendo proteine ad alto valore biologico ed importanti micronutrienti come vitamine del gruppo B, ferro (sia libero che eme-linked) e zinco, è stata definita “agente potenzialmente cancerogeno” in quanto il rischio aumenta con la quantità assunta. Due studi hanno infatti dimostrato, su campioni di mucosa rettale umana, che la concentrazione di addotti di DNA aumenta in modo proporzionale alla quantità di carne rossa assunta giornalmente (soprattutto a partire da 300 grammi fino ai 420 grammi/die). La carne lavorata, invece, è stata inserita tra le 115 sostanze che causano cancro a pericolosità più elevata insieme al fumo, l’amianto ed il benzene. Queste carni modificate sono state trasformate secondo meccanismi di salatura, polimerizzazione, fermentazione o affumicatura. Se da una parte questi processi migliorano la conservazione ed incrementano la palatabilità del prodotto, dall’altra comportano la formazione di agenti cancerogeni (i.e., idrocarburi aromatici policiclici), che inducono trasformazione neoplastica di cellule colon-rettali e gastriche.
L’inserimento nella lista delle sostanze cancerogene delle carni lavorate e delle carni rosse, suggerisce che la moderazione nel consumo di tali alimenti rappresenta la chiave per ridurre l’incidenza delle neoplasie colon-rettali. Inoltre, come affermato dal Presidente dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica, Prof. Carmine Pinto, “è un chiaro invito a tornare alla dieta mediterranea” in quanto col fenomeno della globalizzazione le nazioni del bacino Mediterraneo sembrano aver abbandonato le proprie abitudini alimentari, seguendo più un modello di Western Diet (ricca in carni rosse e processate).
Uno studio spagnolo retrospettivo della Mediterranean Diet Foundation (Da Silva R et al., Public Health Nutr 2009), che ha valutato l’aderenza al regime dietetico mediterraneo dal 1961 al 1965 e dal 2000 al 2003, ha confermato come i Paesi non Mediterranei (quali Iran, Inghilterra, Paesi Scandinavi e Canada) nel tempo modificavano le proprie abitudini alimentari, virando verso scelte “migliori”, trend inverso , invece, nei paesi mediterranei propriamente detti.
Le recenti indicazioni dell’OMS rappresentano un invito a consumare con moderazione tali alimenti. Con una sana, varia e corretta alimentazione si agisce sulla fase preclinica di malattia, ossia sulla prevenzione primaria. Se quindi anche l’UNESCO ha definito la dieta mediterranea come “patrimonio culturale intangibile” è forse opportuno per noi Italiani cominciare a considerare di “tornare alle origini”.