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EVIDENCE BASED MEDICINE: UN FATTO DI “CO-SCIENZA”

07 Gennaio 2016
di Benedetta Marigliano
 
La scorsa settimana il New England Journal of Medicine nel suo “perspective paper” ha voluto denunciare la nuova tendenza orientale (o forse “worldwide”)  che sta dilagando nel mondo scientifico.

Tale moda è stata smascherata con Hyung-in Moon, ricercatore di piante medicinali di origine sud coreana, che ha dovuto ammettere la sua colpa per aver suggerito indirizzi email (creati apposta o di revisori assecondanti l’autore) a riviste scientifiche dove aveva sottomesso i propri lavori scientifici. La frode non sembra essere limitata all’ambito medico ma pare estendersi in tutti gli altri ambiti scientifici, compreso quello ingegneristico. Peter Chen, infatti, ingegnere di Taiwan, è riuscito a creare una rete di più di 130 falsi accounts per ottenere recensioni favorevoli.
Questi due esempi rappresentano solo la punta dell’iceberg di un fenomeno che si sta lentamente e silenziosamente diffondendo: pilotare la scienza a proprio beneficio. Dati hanno evidenziato come negli ultimi tre anni più di 250 articoli scientifici pubblicati su diverse riviste siano stati ritirati per false revisioni da peer reviewers inesistenti e/o iniqui. Questa situazione è di notevole rilevanza, considerando che tale numero rappresenta circa il 15% di tutti gli articoli “eliniati” dalla memoria di PubMed. Dall’inizio del 2015 diversi editori (e.g. BioMed Central) hanno quindi allertato il Comitato sull’Etica della Pubblicazione (Committee on Publication Ethics – COPE) per arginare i tentativi di truffa sulla revisione dei manoscritti.
Un’analisi accurata ha messo inoltre in rilievo come sotto questo sistema di falsificazione, non vi sia solo l’azione di un individuo ma spesso vi è una vera e propria organizzazione mediata da agenzie concentrate ad offrire agli autori stessi, previo emolumento, una revisione favorevole con correzioni del manoscritto.
Con l’emergere di tutti questi scandali diverse riviste stanno provando ad abbandonare la pratica di chiedere all’autore suggerimenti di “revisori alla pari”. Questa pratica è sicuramente utile ma non è sufficiente né sempre applicabile: in ambiti super-specialistici, sovente, sono gli stessi autori a sapere quali colleghi sono in grado di conferire giudizi qualificati sul loro tipo di ricerca. Inoltre, per l’editore stesso può essere un vero guadagno di tempo ricevere nomi di “giusti” esaminatori anche perché le case editrici scientifiche sono sempre più multinazionali e non sempre padroneggiano direttamente i singoli ambiti di studio.
Il problema non risiede esclusivamente nell’onestà individuale ma è da ricondurre anche al perverso sistema di incentivazione in pubblicazioni scientifiche che può far correre il rischio di premiare autori con maggior numero di pubblicazioni ed editori più celeri nelle correzioni bypassando così il contenuto e contributo del lavoro stesso.
Pubblicare bene non è, pertanto, sempre sinonimo di pubblicare tanto. L’Evidence Based Medicine ha bisogno di evidenze scientifiche affidabili da applicare nella “real life” e per permettere ciò oltre alla “co-scienza” del singolo sono necessarie nuove misure di controllo.

 
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/26488392


 

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