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ERRATA CORRIGE!!! LA MEDICINA NON E’ SOLO EPIDEMIOLOGIA

05 Novembre 2015
di Benedetta Marigliano

Con l'inizio di questa settimana, dopo aver abbondantemente proclamato come le carni lavorate, quali gli hot dog e la pancetta, siano cancerogeni per l'uomo, l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha in parte rettificato rilasciando una dichiarazione di chiarimento attraverso la quale afferma  che, enunciando tale nesso causale, sottolineato dall'Agenzia Internazionale di Ricerca sul Cancro (IACR), non si ha come obiettivo quello di  demonizzare le carni lavorate, ma piuttosto, alla luce degli studi epidemiologici considerati, quello della riduzione del loro consumo  al fine di limitare lo sviluppo del cancro del colon-retto.
L’OMS, infatti, includendo le carni processate tra i cancerogeni appartenenti al Gruppo 1 IARC, categoria a cui afferiscono altri noti agenti quali il tabacco e l'asbesto, ha sottolineato come, seppur rientrando nel  medesimo cluster, vi sono differenze in termini di pericolosità. La classificazione IARC, infatti, descrive la forza dell'evidenza scientifica di un agente come fattore favorente la cancerogenesi non definendone però il suo livello di rischio. In altre parole la pancetta e le sigarette presentano rischi differenti.
Precisamente secondo le stime del Global Burden of Disease Project, circa 34.000 morti per cancro l’anno in tutto il mondo sono correlabili a diete ricche in carni rosse trasformate mentre  l’incidenza della mortalità mondiale per cancro legata al fumo di sigaretta, alcol ed inquinamento atmosferico  è di circa 1 milione, 600.000 e 200.000 l’anno, rispettivamente. 
 Per di più, lo IACR nel dichiarare che, alla luce di 10 studi epidemiologici specifici, assumendo giornalmente almeno 50 grammi di carni lavorate, il rischio di cancro gastrointestinale (in primis colo-rettale e dello stomaco) aumenta del 18%, non specifica come l’aumento del rischio sia da riferire al rischio relativo e non a quello assoluto. Ciò può essere meglio compreso dai risultati dell’analisi  condotta nel Regno Unito (UK),  al fine di convalidare il vero rischio assoluto attribuibile al consumo di carne: secondo il  Cancer Research United Kingdom (CRUK), in Inghilterra il cancro del colon-retto colpisce globalmente 61 soggetti ogni 1000 persone; tale valore assoluto si corregge, seppur lievemente, in base al tipo di variabile applicata: si riduce in persone che consumano quantità più basse di carni lavorate (56 casi per 1000 persone),  mentre aumenta in coloro che assumono carni più elaborate (66 casi su 1000 persone). La presenza di piccole variazioni numeriche sottolinea, ancora una volta, come sia la molteplicità di più fattori a favorire l’insorgenza delle neoplasie.   
Pertanto, se da un lato, come dichiarato dall’ American Institute for Cancer Research (AICR), può risaltare una correlazione tra carcinogenesi e carni lavorate, dall’altro è anche vero che ciò che conta principalmente  è la reale influenza espletata dal regime alimentare perseguito,  molto verosimilmente legata alla quantità e qualità di specifici alimenti.  Infatti, già nel 2002, sulla base di studi scientifici precedenti, compresi quelli condotti  dall' American Cancer Society (ACS) Cancer Prevention Study II, veniva suggerita una limitazione (e non un’abolizione) del consumo di carni rosse e processate.
Concludendo,  si può affermare che  se da una parte, grazie all'epidemiologia, molti progressi scientifici sono stati ottenuti nella comprensione eziopatogenetica delle malattie, dall’altra bisogna tener presente che l’epidemiologia resta uno strumento al servizio della medicina e non viceversa.  Questo perché vi sono molteplici variabili che possono influenzare un fenomeno biologico (nella fattispecie l’insorgenza di un tumore). Demonizzare pertanto un singolo alimento è  limitativo, considerando l’origine multifattoriale della cancerogenesi ed a ragione del fatto che fino ad oggi, nessun singolo alimento può definirsi come strettamente curativo o provocativo nel cancro.


 

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